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Lettere A Colori: Descrizioni di dipinti nella corrispondenza di Dante Gabriel Rossetti

Federica Mazzara, University College London

Le descrizioni qui raccolte rappresentano inoltre un momento di riflessione sul rapporto fra i personaggi che invadono le sue tele e il loro mondo psicologico, che è poi quello dello stesso artista. Le “ekphraseis epistolari” diventano, in altre parole, per Rossetti, momenti di autorappresentazione, di proiezione autobiografica, di esplicitazione del suo coinvolgimento nei soggetti pittorici.

Già ad una prima lettura di queste lettere, ci si accorgerà della ricorrenza di alcune tecniche ecfrastiche impiegate da Rossetti.
In quasi tutte le missive, a prescindere da chi sia il destinatario, l’artista esordisce con una riflessione sul processo generativo e compositivo, e sulla intentio auctoris, attraverso la quale poi introduce la descrizione vera e propria dell’immagine. Ricorrono, perciò, espressioni quali: «Se riuscirà, una volta portata a termine, l’aspetto interessante di quest’opera consisterà nella rappresentazione…» (6); «il dipinto è uno studio di tinte principalmente verdi…». Si tratta di riferimenti al proprio processo creativo di cui Rossetti si serve per “legittimare” le proprie intenzioni pittoriche e artistiche. La lettera inviata a William Bell Scott il 13 novembre 1859 (7) , è particolarmente emblematica:
Ho di recente dipinto una mezza figura ad olio che mi piacerebbe vedessi, poiché ho fatto lo sforzo di evitare ciò che so essere un mio insistente vizio – in realtà piuttosto comune a tutta la pittura preraffaellita – quello di utilizzare l’incisione a retino per la rappresentazione dell’incarnato. Stavolta ho cercato di tenermi a distanza da questa tecnica e adesso sono impaziente di dipingere, quando avrò tempo e modo, varie figure di questo tipo, soprattutto per esercitarmi rapidamente nella rappresentazione pittorica dell’incarnato. Sono sicuro che tra i molti inconvenienti di un quadro, dove intenzione, disegno, espressione e colore devono essere pensati tutti in una volta […], non si può mai fare giustizia, perfino di quella facoltà che è il semplice dipingere.
Queste forme di riflessione meta-artistiche rappresentano, inoltre, tra le poche testimonianze delle sue considerazioni estetiche. Anche la lettera inviata a Ellen Heaton (14a) il 19 maggio 1863, contenente la descrizione del dipinto Beata Beatrix – che precede di dieci anni quella inviata a William Graham (14b) sullo stesso soggetto – rappresenta una perfetta esemplificazione del processo generativo della sua arte. In questa lettera, infatti, Rossetti dichiara di avere riflettuto sul suggerimento di rappresentare un soggetto dantesco, e prova a descriverlo ancor prima di dipingerlo. Si tratta, potremmo dire, dell’unico caso, tra quelli qui raccolti, di ekphrasis nozionale, riferita cioè ad un’immagine non esistente – almeno in quel momento – in cui Rossetti ricostruisce con abilità e attraverso la sola immaginazione un’immagine che di lì a poco avrebbe rappresentato sul piano pittorico. In questo caso la parola anticipa la rappresentazione visuale che rispetterà perfettamente – come si evince dalla lettura della seconda lettera che ha per oggetto il quadro reale completo – lo schema immaginato e costruito nella prima missiva.

Un altro importante momento di autorappresentazione e di commento alla propria pratica artistica è la già menzionata lettera a Gordon Hake (13), in cui si legge:
[…] In modo particolare spero non si pensi mai che la mia poesia sia il risultato di tendenze pittoriche, in verità credo che nessun’arte poetica più della mia sia libera dall’artificio di ciò che chiamano “la pittura di parola”. Come avviene con le forme ricreate in pittura, così in poesia vorrei principalmente avere a che fare con emozioni personificate; e nell’eseguire il mio schema de La casa della vita (semmai lo farò) proverò a mettere in pratica una completa dramatis personae dell’anima.
Questa rappresenta una delle poche sopravvivenze teoriche di Rossetti, il quale si esprime sulla sua concezione dell’arte – poetica e pittorica – come espressione di emozioni personali. Rossetti prende evidentemente le distanze dalla tendenza, tipica ad esempio della scrittura tennysoniana, del cosiddetto word-painting (pittura di parola) che Rhoda L. Flaxman nel suo Victorian Word Painting and Narrative: Toward the Blending of Genres, definisce come «una serie di lunghi passi descrittivi orientati visivamente, le cui tecniche emulano i metodi pittorici @» .